Tempo di lettura: 15 minuti.
Forse dovrei metterla.
La data.
Ma dubito che andrò mai a rileggere.
E poi non sono sicuro di voler vedere i giorni.
Sapere i giorni.
Quindi sticazzi.
Mi ha consigliato di tenere un diario.
Per “tenere traccia dell’andamento dei miei obiettivi nel tempo”.
O roba così.
Per questo non voglio la data.
Comunque.
Ora che si fa?
Di solito, dico.
Mi sono dimenticato di chiederlo.
Non sono bravo con queste cose.
Con altre sì.
Ma questa proprio.
Dovevo chiederlo.
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Ho chiesto.
A Oste-Affabile, in realtà.
È che non volevo disturbare.
E poi una volta ha seguito un corso di psicologia.
No.
Forse era un podcast.
Comunque.
Mi ha dato un consiglio furbo.
Credo addirittura buono.
Mi ha detto che per prima cosa dovrei scrivere i miei obiettivi.
Quali sono. Perché per me sono importanti. Come intendo raggiungerli.
Forse anche dare delle date.
Ma io odio le date.
Quindi niente date.
Comunque.
Quando me lo ha detto mi è venuto in mente.
Anche lei mi aveva detto questa cosa.
Solo che mi ero dimenticato.
Domani provo.
Sono un po’ nervoso.
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Oggi ho riletto cosa avevo scritto.
Non pensavo che lo avrei fatto.
Ma l’ho fatto.
Mi sono accorto che uso spesso la parola “comunque”.
Davvero troppo.
Mi fastidia. Devo fare attenzione.
Comunque.
Oggi è un giorno importante.
Oggi è il giorno in cui ci si guarda dentro.
Roba grossa, cazzo.
Gli obiettivi ce li ho.
Due.
Solo non so perché sono importanti per me.
Ma procediamo con ordine.
OBIETTIVO 1: non riprendere a bere.
OBIETTIVO 2: andare alla grigliata di fine mese.
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Due ore.
Sono due ore che ci penso.
Del perché sono importanti.
Ma niente.
Credo che il giorno importante sarà domani.
Alla fine.
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Oggi.
Oggi è il domani di ieri.
Ci ho pensato tutta la notte.
E forse ci sono.
OBIETTIVO 1: non riprendere a bere.
Perché quando bevo i pensieri e le emozioni escono.
Da soli.
E mi torna in mente tutto.
Più forte.
OBIETTIVO 2: andare alla grigliata di fine mese.
Perché voglio vedere se ce la faccio.
Ora devo dormire un po’.
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Oste-Affabile dice che dovrei scrivere anche come voglio raggiungerli.
Io non credo serva.
Ma lui ha seguito il podcast.
OBIETTIVO 1: non riprendere a bere.
Non bere.
Voglio raggiungerlo così.
Non bevendo.
OBIETTIVO 2: andare alla grigliata di fine mese.
Aspettare.
Quando sarà il giorno cambiarmi. Aprire la porta.
E andare.
Mi sembra una stronzata.
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Forse non era una stronzata.
Ieri ho fatto schifo.
Non so cos’è successo. O perché.
Ma ho fatto schifo.
Sono uscito per fare un giro. Due chiacchiere.
E sono tornato marcio alle 8 di mattina.
La verità è che è solo colpa mia.
Non della Play.
Come quando ero piccolo.
Mal di testa.
– Perché giochi troppo alla Play!
Bocciato.
– Perché giochi troppo alla Play!
Erba
– Giochi troppo alla Play.
Incidente
– Troppo alla Play.
Arresto.
– Play.
Play.
Play.
Play.
Play.
Qualunque cosa era la Play.
Ma no.
Io lo so.
Non è mai stata la Play.
Neanche dopo.
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Mi sono ripreso.
Ieri mi sentivo una merda.
E mi vergognavo.
Ma Oste-Affabile mi ha detto di reagire.
Che servono delle regole.
Delle regole vere.
Perché dire non riprendo a bere non è una regola.
È una cazzata.
Quindi.
Regole Ufficiali Vere (RUV)
Si beve solo il weekend.
Per fare serata.
Vabbè.
Serata e aperitivi.
Vabbè.
Serata e aperitivi e pranzi conviviali.
Però niente alcolici prima delle 11 di mattina.
E comunque solo il weekend.
In settimana non si esce.
Per evitare tentazioni.
Nemmeno al Chioschetto.
Oste-Affabile è stato collaborativo. E affabile.
Se mi vede mi prende a calci in faccia.
E non mi dà da bere.
Ma prima i calci in faccia.
Ultima cosa.
Niente alcolici a casa.
Mai.
Questa è importante.
Già.
Alla fine non era una stronzata.
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A lavoro sto facendo pratica.
Cioè.
Non proprio.
Nel senso.
Non in modo attivo.
Mi siedo lontano.
In disparte.
E faccio finta di mangiare. Di leggere.
Ma in realtà li osservo. Li ascolto.
Per capire come si fa.
Ho preso qualche appunto.
Questa sera gliene parlo.
Già.
Perché non sono sicuro di aver capito bene.
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Dice che sono pronto.
Che dovrei fare pratica con qualcuno.
Qualcuno di vero.
E lei non è come Oste-Affabile.
Lei ha studiato questa roba. Si vede.
Dice di partire facile.
Con qualcuno che conosco bene.
In un posto che conosco bene.
Niente di complicato.
Un caffè da qualche parte.
Dice.
Non so.
Non conosco nessuno bene.
Sono stato via troppo.
A pensare a queste cose mi è presa la tristezza.
Non è vero.
Cioè.
È vero. Mi è presa la tristezza.
Ma solo perché Ele la conoscevo bene.
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È stata gentile.
Superiori.
Gentile e presa bene.
Ha detto subito sì.
Con Superiori alle superiori eravamo amici amici.
Poi per un po’ anche dopo.
Poi no.
Non che fosse successo qualcosa.
Poi no.
E basta.
In realtà era successo qualcosa.
Ma molto prima.
Prima di diventare amici amici.
In seconda superiore le avevo detto una cosa.
Davanti a tutti.
Che i suoi capelli non erano veri. Che erano extensions.
Lo avevo detto senza pensare.
Cioè.
Lo avevo pensato e lo avevo detto.
Così.
Ma non avevo pensato che lei potesse rimanerci male.
Si è messa a piangere.
Mi sono sentito una merda.
Però ho capito una delle regole.
Che non bisogna pensare e dire.
Ma pensare. Pensare alle conseguenze.
E solo dopo dire.
Forse gli altri lo sapevano già.
Ma io no.
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Siamo andati al Chioschetto.
Con Superiori.
Due cose.
Uno.
Parlava di futuro.
Ma le frasi le iniziava con “ti ricordi”.
Due.
Non è un cazzo facile.
Ma proprio per niente.
È che si perde l’abitudine quando si sta tanto nella testa.
Ad ascoltare senza distrarsi.
Ad interpretare le micro-espressioni. I cambi di tono.
A sapere quando ridere. Quando fare la faccia seria.
Quando intervenire.
Quando intervenire è la più difficile.
Perché bisogna intervenire.
Per forza.
Per far vedere che si è partecipi.
Ma senza interrompere.
Bisogna infilarsi nelle pause.
Ma devono essere pause vere. Non respiri tra una frase e l’altra.
Altrimenti si interrompe e si fa brutta figura. Sembra di essere maleducati.
Non uno che ha solo preso male il tempo.
Molto difficile.
Molto difficile.
Mi sono stressato e ho ordinato una birra.
Anche se era mercoledì.
Ho dovuto fare una deroga alle RUV.
RUV B
Si può bere anche in settimana.
Ma solo in occasioni speciali.
Però non prima delle 11 di mattina.
E niente alcolici a casa.
Mai.
Questa è importante.
Non mi è piaciuto fare una deroga.
Ma è la prima.
Cioè.
La prima deroga dopo la prima deroga. Quella di non bere.
Però dai.
Questa è proprio una deroga deroga.
La prima vera.
L’altra non era una regola.
Era una cazzata.
Quindi ok.
Anche Oste-Affabile non era contento.
Quando mi ha portato la birra mi ha guardato male.
Ma non ha detto nulla.
Penso perché c’era Superiori.
La storia del pensare alle conseguenze lui la sa.
Si vede.
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È un tot che non scrivo.
Ho avuto da fare.
Sai.
Viaggi di lavoro a Londra. Dubai.
Teatro con la tipa.
E il weekend padel con gli amici.
Molto da fare.
Molto da fare.
Sai.
Mi viene da piangere.
Fanculo.
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Ok.
Non era vera.
La storia di Dubai e del teatro.
E nemmeno il padel. E nemmeno gli amici.
Solo sensi di colpa.
Per le birre.
E poi sensi di colpa.
Per i sensi di colpa.
Perché poi mi dico dai.
Siamo tutti mossi dai sensi di colpa.
Non dai sogni.
Dai sensi di colpa.
Respira.
Però non so mica se è vero.
E poi mi dico tranquillo.
Hai solo bevuto qualche birra.
In settimana.
Non hai mica ucciso nessuno.
Ma poi mi ricordo che sì.
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L’importante è tenerle.
Le RUV.
Altrimenti è un attimo che ci si perde.
E tutto intorno scompare.
E poi scompari tu.
RUV C
Si può bere anche in settimana.
Sempre.
Non solo in occasioni speciali.
Ma solo birra.
Rimane la storia delle 11.
E niente alcolici a casa.
Mai.
Questa è importante.
Birra.
Solo birra.
Nessuno si ubriaca con la birra.
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Dice che a volte è più facile con persone che non si conoscono.
Perché tanto…
Le ho chiesto come faccio a trovarle se non le conosco.
Mi ha detto app di incontri.
Le ho detto che non mi piace.
Mi ha chiesto cosa.
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Me l’ha scaricata.
Oste-Affabile.
Non è Tinder.
È un’altra.
Non ricordo quale.
E ora non mi va di guardare.
Dice che è per gente più grande.
Che non vuole solo scopare.
E che ci sono più orientamenti sessuali.
È vero.
Ce ne sono tanti.
Di orientamenti sessuali.
Su quest’app, dico.
E vabbè.
Anche fuori da quest’app.
Ho scoperto il Demi-Sessuale.
“Persone che provano attrazione sessuale solo quando c’è un forte legame emotivo con un’altra persona”.
Il Grey-Sessuale.
“Persone che provano attrazione sessuale solo in rari casi. E in modo debole, inconsistente”.
Recipro-Sessuale
“Persone che provano attrazione sessuale solo quando sanno o pensano che l’attrazione sia ricambiata”.
Credo di essere Recipro-Sessuale.
E anche Recipro-Romantico.
Recipro-Tutto.
Mi sa.
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Ieri ho fatto schifo.
Come ogni weekend.
Non vorrei.
Ma sì.
Vorrei.
Mi ha dato fastidio.
Il pavimento appiccicoso.
La musica.
La gente.
La puzza.
Già.
Prima la riconoscevo dall’odore.
Ora dalla puzza.
Sono dovuto correre via.
Mi ha dato fastidio.
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Stasse mi becco con sta tipa.
Non abbiamo chattato molto.
Però sembra dolce.
E simpatica.
E parla tanto.
Così copre il mio silenzio.
Volevo preparare delle domande.
All’occorrenza.
Ma alla fine non avevo voglia.
Cioè.
Avevo voglia.
Ma mi veniva l’ansia.
Però ci ho pensato.
E mi sa che è vero.
Che è più facile con chi non si conosce.
Credo sia per questo.
Cioè.
Che faccio così fatica con me.
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Non ho capito.
Se è andata bene.
Cioè.
Mi sembra di no.
Non sono stato bravo.
Lei sì.
Lei si vedeva che era brava.
Ma io.
Ho capito che devo prepararmi delle domande.
All’occorrenza.
Prepararle fa venire l’ansia.
Anche pensarci.
Ma non farlo di più.
Ho capito che bisogna contare.
Fino a tre.
Quando c’è silenzio.
E poi fare una domanda.
Non so quale. Però.
Dovevo prepararle.
Lo sapevo.
Comunque.
È importante contare fino a tre.
Due è troppo poco.
Rischi di partire insieme.
Quattro è troppo.
Rischi silenzi imbarazzati.
Tre.
Tre mi sa che è perfetto.
Ho capito che la prima cosa da chiedere è che fai nella vita?
Le persone ci tengono.
Ci tengono molto.
Ho capito che non posso dire la verità.
Alla domanda che fai nella vita?
Perché poi mi chiedono tante altre cose.
E sono costretto a parlare.
A parlare.
Parlare.
Ricordare.
Ho capito che non va bene.
Dire che si è usciti solo per fare pratica.
La gente ci rimane male.
Come Superiori con le extensions.
Pensavo di averla capita quella regola.
Ho capito che no.
Non è più facile parlare con chi non si conosce.
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È qualche giorno che faccio il giro lungo.
Per tornare a casa. Dico.
È che non mi va di passare davanti al Chioschetto.
Cioè.
Non è quello.
Il Chioschetto non mi fa paura.
Ma Oste-Affabile un po’ sì.
Cioè.
Non è nemmeno Oste-Affabile.
Più la sua indifferenza.
L’altra sera ho bevuto.
Con la tipa.
Un paio di birre.
Un Gin Tonic.
Del vinello.
Forse un Negroni.
(RUV D)
Oste-Affabile non ha detto nulla.
Sempre per la storia di prima.
Ma questa volta non mi ha guardato male.
Si vedeva.
Negli occhi.
Che era rassegnato.
O forse ero io?
Già.
Ora ci metto 5 minuti in più a tornare a casa.
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Dice di non mollare.
Con il diario.
Che è utile.
Solita roba di obiettivi e cose così.
Sono state due settimane complicate.
Ho inserito RUV E.
Ho dovuto inserire RUV E.
Per forza.
Non potevo passare al Chioschetto.
Una birra al giorno.
Comprata singolarmente.
A casa.
Poi la cosa del numero è andata (RUV F).
E poi è andata la cosa delle RUV.
Non hanno senso.
Non più.
Lo so.
Sono andato a rileggermi la parte dell’inizio.
Quella del perché le ho messe.
Del perché sono importanti
Roba che se bevo mi torna alla mente.
Il passato.
Ma se non bevo mi torna alla mente.
Il presente.
Non so.
Sto ancora decidendo.
Credo.
Rimane la grigliata.
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Sta settimana non mi sono svegliato.
Per la seduta di ieri.
La sera prima avevo.
E così niente.
Forse non volevo solo dirglielo.
Delle RUV.
Sta settimana non mi sono svegliato.
Per andare a lavoro.
La sera prima avevo.
E così niente.
Si sono arrabbiati un po’.
Sta settimana mi sono svegliato.
Un giorno che non mi dovevo svegliare.
È suonato il citofono.
È suonato il citofono.
È suonato il citofono.
Poi il telefono.
Il telefono.
Il telefono.
Era Oste-Affabile.
Al telefono.
Ma credo anche al citofono.
Non ho aperto.
Non ho risposto.
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Se ci fossero ancora.
Le RUV, dico.
Oggi sarebbe RUV Z.
11 di mattina.
Ma le RUV non ci sono più.
Ok.
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Martedì becco Capellone.
Andiamo al sushi.
Ho mangiato poche volte sushi.
Ma domani andiamo.
Al sushi.
Capellone verrà anche alla grigliata.
Con il cane.
Anche se non so se ha ancora il cane.
Con la tipa.
Anche se non so se ha ancora la tipa.
Non so.
Dovrebbe andare meglio dell’ultima volta.
Della tipa dell’app.
Ah.
Non mi sono più sentito con la tipa dell’app.
Con nessuna tipa. In realtà.
Con nessuna app.
Dicevo.
Dovrebbe andare meglio dell’ultima volta.
Capellone è un amico storico.
Nel senso. Da tanto.
Ci siamo persi pezzi degli ultimi anni.
Ma è un amico storico.
Da tanto.
Non credo servirà preparare domande.
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Oggi sono arrivato in orario.
Dalla tipa.
Ho fatto attenzione.
Cioè.
Ieri sera no.
Ma questa mattina ho fatto attenzione.
Ho messo la sveglia.
Due.
Due sveglie.
E così sono arrivato in orario.
Oggi non avevo cazzi.
Di parlare delle solite cose, dico.
Credo nemmeno lei.
Mi ha chiesto una roba strana.
Diversa dal solito.
Con una faccia strana.
Diversa dal solito.
Mi ha chiesto quale fosse la mia paura più grande.
Mi è venuto in mente un discorso.
Un discorso che mi aveva fatto qualcuno.
Da qualche parte.
Non so.
Comunque.
Non è importante.
Però mi ricordo il discorso.
Abbastanza.
Mi aveva raccontato che disegnava i sogni.
Tutte le mattine. Appena sveglio.
Tipo fumetti.
Diceva che ne aveva tanti.
Di fumetti. E di sogni.
Ma che doveva disegnarli subito.
Altrimenti se li dimenticava.
Questa.
Era questa la sua paura più grande.
Non fare in tempo.
Ho sempre pensato che fosse una bella storia.
Che l’avrei usata, se me lo avessero chiesto.
Ma nessuno me lo ha mai chiesto.
Quale fosse la mia paura più grande.
Così niente.
Ma oggi.
Oggi qualcuno me lo ha chiesto.
Solo con una faccia strana.
Diversa dal solito.
E ho dovuto dirle la verità.
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Eragi arrrvato.
Qundo son ubricco.
No.
Qando son arivto.
Scsa.
Ma conchiparl?
Chiparl???
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Non è andata bene.
Non è andata bene per niente.
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Quando sono arrivato era già arrivato.
Quando sono arrivato ero già ubriaco.
Non credevo.
Ma sì.
È stato più difficile delle altre volte.
Alla fine aveva ragione lei.
Perché bisogna scegliere.
Gli argomenti. Le domande.
Il grado di profondità.
Tutto in base al LDF.
Ma a volte capire è un macello.
Capire il LDF, dico.
Cioè.
Con gente che una volta era 9.
Ma ora?
4? 5? 7?
Non so.
È difficile.
Perché non ci si accorge.
Ma succede.
Succede.
Ed è brutto non sapere.
Si sbagliano le cose da dire.
Ed è brutto anche parlare da 4.
A degli occhi da 9.
Perché sì.
Alla fine sì.
Gli occhi lo mantengono.
E fa tanta tristezza.
Per questo è meglio essere ubriachi.
Tutti e due, intendo.
Si fa meno casino con sta roba.
Ma mi sa che lui non lo sapeva.
Però il sushi era buono.
Molto meglio che in comunità.
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Il caldo.
Credo sia colpa di questo fottuto caldo.
O della Play.
O forse è solo che
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È un po’ che non aggiorno il diario.
Oste-Affabile ce l’ha con me.
Perché non rispondo.
Il mio capo ce l’ha con me.
Perché batto più lento sui tasti.
Io ce l’ho con me.
Perché ho sempre mal di testa.
Perché ho smesso di scrivere.
Non questo diario del cazzo.
Me.
Perché ho smesso di fare pratica.
Con le persone, dico.
Perché le RUV.
Perché Ele.
Perché Occhiali-Zarri.
Perché tutti. Tutto.
Pure questo fottuto letto.
Che cigola dal mio lato.
Fottiti.
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Dice che dovrei continuare.
Se non con lei con altri.
Dice che è molto importante.
Dice che almeno il diario.
Dice un sacco di cose.
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Mi ha scritto.
Capellone.
Mi ha scritto perché non sei venuto?
Era solo una grigliata.
Una stupida grigliata del cazzo.
Non pensavo avrei pianto.