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TIC
TAC
TIC
TAC
Ho comprato questo orologio quando sono andato a vivere da solo.
E da allora me lo porto dietro.
Di casa.
In casa.
TIC
TAC
Non sono un tipo sentimentale.
Ma sì.
Sono un tipo sentimentale.
TIC
TAC
È un orologio del cazzo.
Di quelli con la base argentata.
E una finta spirale a molla argentata.
E un quadrante tondo che barcolla.
Argentato pure lui.
TIC
TAC
Non gli ho mai cambiato le pile.
Non è mai servito.
Anche se sono passati tanti anni. E tanti chilometri.
Tante case.
TIC
TAC
Di solito andava così:
– Andre, il tuo orologio non funziona.
– Funziona. Sono solo le pile.
– E allora perché non le cambi?
Non le cambiavo.
TIC
TAC
Poi un giorno lo guardavo.
E andava.
Di nuovo.
TIC
TAC
Poi lei se ne andava.
E lui si fermava.
Di nuovo.
TIC
TAC
È successo molte volte.
TIC
Che poi io odio gli orologi.
TAC
Solo che a volte me lo dimentico.
TIC
TAC
TIC
TAC
E odio sti cazzo di occhiali da sole zarri.
Che non ti togli mai.
Mai.
TIC
Tranne oggi.
TAC
Oggi lo sai anche te.
Lo sai anche te che è meglio guardarsi negli occhi.
TIC
TAC
Mi guardi fisso.
Giocherellando con la stanghetta.
E aspetti.
Aspetti che dica qualcosa.
TIC
TAC
Tu hai già detto tutto.
TIC
Ma io non so che dire.
TAC
– Quindi Andre?
TIC
TAC
TIC
TAC
– Ok.
Quattro.
Solo quattro secondi del cazzo.
Solo.
Quattro.
Fottuti.
Secondi.